Titolo Dedica ad Apollo dal santuario di Apollo di Tyros
Trismegistos Non ancora inserito nel database TM
Autore e data Alessia Gonfloni, 5 luglio 2024.
Editio princeps Lanérès, N. Grigorakakis, G. REG 130 (2017) 327-334  (SEG 67.149)
Altre edizioni  –
Bibliografia Grigorakakis, G. AD 67 (2012) B.1 [2016] 178/179 (SEG 65.218; EBGR 2016.52)
Testo [ – – – – – ]ς ǀ ἀν<έ>θεκε το[ι] ‘ν Τύροι ǀ Ἀπέλλονι
  Apparato
  Metro

sequenza giambica

Traduzione [—] ha dedicato ad Apollo di Tyros
Scrittura Una dedica incisa, dopo il calco, con lettere alte da 0,5 a 0,6 cm, corre lungo la groppa e i due fianchi dell’animale, il che è sorprendente dato che il fianco sinistro doveva essere almeno parzialmente nascosto allo spettatore.

Nonostante l’ossidazione del metallo l’abbia resa quasi invisibile, il nome del dedicante era chiaramente inciso in caratteri scritti da sinistra a destra, dal basso verso l’alto, sul lato sinistro del collo: il sigma finale a tre braccia, chiaramente visibile, lo conferma, così come tracce sparse di piedistalli delle lettere, discernibili al microscopio.

il nome di Apollo è inciso sul fianco dell’animale in scrittura sinistroversa, ad eccezione della epsilon, che è destrorsa.

La seconda parte della dedica, in scrittura destrorsa, occupa il fianco destro all’altezza della groppa, mentre due lettere sono collocate davanti al ginocchio del cavaliere.

La grafia si caratterizza per l’arcaismo delle lettere (theta, kappa e soprattutto epsilon). Tuttavia, le aste quasi verticali della lettera nu e la geminata di Ἀπέλλονι, di cui non si conosce alcun altro esempio in Laconia prima del V secolo a.C. (Ἀπέλλονος, santuario di Apollo Hypertéléatas, IG V1, 986), segnano un’evoluzione.

Si può dunque datare senza esitazione l’iscrizione intorno al 550 a.C.

Inoltre, la grafia V per upsilon potrebbe costituire un indizio di origine: rara in tutta la Laconia, è invece ampiamente attestata nei santuari di Hypertéléatas e di Tyritas, il che conferma l’ipotesi di una produzione locale.

La forma errata ἀνθ󰯍κε invece di ἀνέθ󰯍κε deriva molto probabilmente da un’omissione accidentale, come in altri due esempi: uno segnalato da L. Threatte sull’acropoli di Atene (ca. 550-500 a.C.), l’altro da R. Wachter a Naucrati.

La lettera N, più piccola rispetto alle altre, sembra essere stata aggiunta sulla groppa dell’animale, probabilmente per correggere una dimenticanza.

Tō ‘ν equivale a τō[ι] ἐν. La mancata notazione dello iota nel dativo singolare dell’articolo, così come nei sostantivi tematici e nei femminili in , è un fenomeno comune nelle iscrizioni arcaiche.

Quando un teonimo è preceduto dall’articolo, può accadere che lo iota finale venga scritto una sola volta, o alla fine dell’articolo (τᾶι Ἥρᾱ, IG XII 6, 2, 540; τᾶι ϝορθείᾱ, LSAG², 447 C), o alla fine del teonimo (τᾶ Ϝο(ρ)θείᾱι, SEG 2, 66); oppure si trova in una forma crasiata, come τἀθαναίᾱι (ABSA 24, 1919-21, 119 n°70), o in questo caso τ … Ἀπέλλονι.

L’assenza dell’ἐ- iniziale (‘ν invece di ἐν) corrisponde a un’elisione inversa o a una “riduzione dell’hiatus”. Questo fenomeno, sporadico nei Tragici (γενήσομαι ‘γώ, Eur., Iph. Aul. 1396), è invece frequente in Aristofane.

‘πειδή », Ar., Nuées 1354) è una caratteristica della lingua parlata. Dopo una vocale lunga o un dittongo (preferibilmente con il primo elemento lungo), la riduzione dell’hiatus provoca l’elisione della vocale breve iniziale ἀ- o ἐ- in parole grammaticali come ἐπειδὴ, ἐνταῦθα, ἐντεῦθεν, talvolta nell’aumento verbale e, soprattutto, nelle preposizioni e nei preverbi ἀπό, ἐν, ἐξ, ἐπί, ἐς.

Ad esempio, dopo vocale lunga: τοὶ ’ς ἄσιστα πόθικες (IG V2 159); ἱκετεύω ‘νταῦθά γ’ (Nu. 696), ἀγορὰ ‘ν Ἀθάναις (Ach. 729), μὴ ‘ν τοῖς τρίβωσιν (Ach. 343), αἰ ζέ μ ‘νποι (IED 20,6), τõ ‘ν Ναύπακτον ϝοικέοντος (IG IX, 12 3, 718).

Dopo dittongo: τοὶ ‘ς ἄσιστα πόθικες (laconico, IG V2, 159), οὐρανίᾳ ‘ν αἰθέρι (Soph., OT 866-7), λαοδόκῳ ‘ν ἀγορῇ (Megara, SEG 13, 312), τοῖ ´νταύτ’ γραμένοι (Elide, IED n°10).

L’uso del toponimo Τύρος, preceduto da ἐν invece dell’etnico Τυρίτας (SEG 11, 892; IG V1, 1517), è sorprendente. Da un lato, la formula non è frequente; dall’altro, l’inserimento di ἐν Τύρōι tra l’articolo e il nome del dio non ha precedenti, poiché in laconico il toponimo è regolarmente posizionato dopo il teonimo: lac. Ἀ[πό]λλ[ωνος ἐ]ν Ἀμυκλαίō[ι], τοῦ Ἀγλαπιῶ τῶ ἐν Κῶι; arc. τᾶς Ἀρτάμιτος τᾶς ἐν Λούσοις.

Ragioni prosodiche – la sequenza è giambica – potrebbero spiegare l’ordine delle parole τ ‘ν Τύρōι Ἀπέλλονι.

Lingua  
Supporto
  1. Tipologia del supporto: figurina
  2. Materiale: bronzo
  3. Dimensioni: h. circa 0.1 m.; sp. circa 0.2 m.
  4. Stato di conservazione: Rappresentazione plastica di un cavaliere che cavalca un mulo, con un kantharos e un corno da bere in mano
  5. Luogo di ritrovamento: La figurina è stata rinvenuta durante gli scavi condotti nel 1911 da un operaio che lavorava nel sito del santuario di Apollo Tyritas, presso la missione condotta da K. A. Rhomaios. L’operaio, di nome Kostakis, trovò il manufatto durante gli scavi, in una zona del sito o limitrofa ad esso oggi non chiaramente identificabile. L’oggetto fu tramandato in eredità a suo figlio, il professor A. Kostakis che nel 2004 la restituì alla città. In seguito il 28 gennaio 2011, il sindaco di Leonidion, Dr. Marnéris, consegnò la statuetta a Grigoris Grigorakakis che curò i nuovi scavi e le ricerche nell’area. Grigorakakis affidò infine la figurina alle cure del museo di Tripoli dove è tutt’ora conservata.
  6. Luogo di conservazione: Museo di Tripoli (Arcadia), n. inv. non noto.

 

Cronologia VI sec. a.C.
Commento  
Immagini

Fig. 1. Figurina in bronzo dal santuario di Apollo a Tyros. Immagine tratta da Lanérès 2017, p. 328.

Fig. 2. Figurina in bronzo dal santuario di Apollo a Tyros (retro). Immagine tratta da Lanérès 2017, p. 333.