| Bibliografia |
Furtwängler, AA 1895, 36 nr. 28. – Zschietzschmann, AM 53, 1928, 43 nr. 86 tav. 15. – Neugebauer 1932, 52. – Siurla-Theodoridou 1989, 449 cat. 52. – Killet 1994, I, nr. 88. – Mommsen 1997, 17, 23ì, n. 190. – Laxander 2000, 202 PS 114. – Huber 2001, 108, 222 cat. 111.
|
| Supporto |
- Tipologia del supporto: amphoriskos (?)
- Materiale: argilla rossa. La decorazione è a vernice nera lucida. Sono presenti tracce opache di colori sul volto della prima donna e sulle gambe della kline.
- Dimensioni: H. 0.06 m,; D. 0.0102 m.
- Stato di conservazione: l’iscrizione è di difficile lettura, del vaso sono conservati dieci frammenti ricomposti. ll supporto è stato inizialmente interpretato come amphoriskos. Il suo stato di conservazione frammentario e soprattutto la mancanza dell’attacco dell’ansa rendono tuttavia difficile la classificazione corretta. Per identificare i frammenti come amphoriskos, si è rilevata una somiglianza del profilo con esemplari attici rari come Corinto K 2: P. Lawrence, Hesperia 33, 1964, 103–106, tav. 21, e Rodi 10518: CVA Rhodos 1, tav. 23; BAPD 9029877. Lo spessore delle pareti di V.I.3334 aumenta nella parte inferiore più marcatamente rispetto agli esempi citati, inoltre la spalla è straordinariamente piatta. Gli amphoriskoi comparabili provengono dal II quarto del VI sec., ci sarebbe dunque anche uno scarto cronologico rispetto alla produzione di V.I.3334. È anche possibile che V.I.3334 fosse originariamente un aryballos, come ha suggerito Dyfri Williams (comunicazione personale all’ed.pr che cita, per confronto, gli aryballoi del VI sec. a.C: Boston 13.106: BAPD 436; New York, Metropolitan Museum 26.49: BAPD 300770 (ABV 83, 4); New York, Metropolitan Museum 62.11.11: BAPD 350480 (Para 66).
- Luogo di ritrovamento: acquistato nel 1894 da una collezione privata (in precedenza era parte del patrimonio Hamburger).
- Luogo di conservazione: Berlino, BADP 9026232.
|
| Commento |
La definizione di “epigramma funerario” è di Furtwängler 1895, 36 ed è dovuta, secondo l’autore, alla presenza del verbo ἐπικειται e del sostantivo κεφαλῇ che potrebbero richiamare il contesto di un rituale funebre. I termini sono entrambi noti in tali tipi di occasione. Per occorrenze simili in Hansen, a proposito di κεφαλή cfr. CEG 718, 776 e 894; per l’uso di κεῖμαι, cfr. CEG 52, 76, 80, 83, 84, 91, 95, 102, 105, 112, 125, 126, 147, 153, 163, 170, 171, 172, 173, 438.
Per quanto riguarda il sostantivo κεφαλή, l’ed. pr. afferma che non è chiaro cosa «dovrebbe essere posto sulla testa» e aggiunge «möglich wäre der Leichnam», ma non è chiaro il motivo di questa affermazione. Più correttamente, come aggiunge sulla base di un confronto con Teognide 1259, suggerisce la possibilità della presenza di una corona (στέφανος).
Allo stato attuale non ci sono elementi probanti per accogliere né per respingere l’interpretazione del testo come metrico, tuttavia è bene adoperare sempre cautela nella classificazione di questa tipologia di iscrizioni. Poiché il testo era già noto a Hansen, lo studioso potrebbe aver adoperato il medesimo criterio di giudizio e, per tali ragioni, l’iscrizione non compare nei Carmina Epigraphica Graeca I.
Il vaso è attribuito alla cerchia del Pittore di Sappho (Dyfri Williams, comunicazione personale all’ed.pr); sul Pittore di Sappho: ABV 507 f., 675, 677, 702; Para 246–248; Add² 126 f.; ABL 94–130; Boardman 1974, 148 f.; Mertens 1977, 97 f.; C. Jubier in: Céramique et peintures grecques 1999, 181–186; Hatzivassiliou 2010, 72–76; E. Serbeti, CVA Atene 6, tav. 82, 1–4; C. Jubier-Galinier, Mètis N.S. 12, 2014, 163–188; N. Zimmermann-Elseyfy, CVA Berlin 16, 23, tav. 3, 1–6. Secondo Cécile Jubier-Galinier (comunicazione personale all’ed.pr.), alcuni caratteri — come i profili degli uomini barbati — ricordano il Pittore di Sappho; elementi divergenti della rappresentazione, come le pieghe ondulate dei mantelli, però non consentono un’attribuzione certa al pittore. |