Legenda
A. Riferimenti: ad una voce di IG; a voci di SEG; ad altri repertori; link ad IG / PHI (se presenti) o ad altri database online;
B. Contributi documentali (strettamente epigrafici o archeologici);
C. Contributi al testo (filologici, linguistici, metrici, storici);
D. Contributi presenti in voci di catalogo o in monografie; articoli con trattazioni di più voci di CEG.
OS. Open Sources: database o strumenti di indagine accademica online.
A | SEG 42.55; 44.20; 49.67; 55.2007; 58.30; 58.1888; 58.1889; IG I3 1214; PHI. |
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C |
Viviers 1992, pp. 67-77, 138 (ph., dr., p. 70); dopo aver effettuato l’autopsia della pietra pubblica il testo di questa iscrizione, lo stesso di IG fatta eccezione per l’inversione della prima riga, con la firma, che Viviers sposta alla fine dell’epigramma. Ἔνδοι[ο]ς καὶ τ[ό]νδ’ ἐποίε. A p. 69 pubblica la seguente traduzione: <<Voici la tombe de Nélonidès, fils de Nélon; ce dernier a fait faire aussi pour son noble fils ce tombeau au bel aspect. Endoios en est aussi l’auteur>>. Discute il lettering di questa iscrizione e la tipologia dell’iscrizione, nel contesto delle altre firme di Endoios. Dichiara che nella firma dell’artista tutte e tre le lettere della parola καί sono leggibili, mentre IG inseriva l’alpha fra parentesi quadre. Discute l’uso di καί avverbiale nel contesto di una firma di Aristokles (IG I³.1229, cfr. SEG 42.60). |
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C | Chamoux 1994, pp. 9-10; rifiuta l’interpretazione di D. Viviers, che legge ἐστὶ τὸ σε͂μα, seguendo una suggestione di Hansen, per cui τὸ sarebbe un’aggiunta involontaria dell’incisore. Considera καί come avverbio intensivo. Afferma inoltre che le argomentazioni circa gli ionismi presenti in questo epigramma non possono essere utilizzate per dedurre la patria del defunto (come fa Viviers, p. 89) o l’origine dello scultore (V. p. 99). Ricorda inoltre che non dobbiamo mai dimenticare che l’analisi e l’interpretazione di un monumento è fatta di molti aspetti: caratteristiche dell’opera d’arte, supporto, iscrizione, segni grafici e firma, contesto topografico e storico. Molto spesso ognuno di questi aspetti coinvolge una disciplina diversa e la verità storica sta solo nell’efficacia della collaborazione fra di esse. Per questo mette in guardia da interpretazioni che pendono troppo da un lato piuttosto che da un altro. |
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C |
Kessling 1999, pp. 509-548; presenta uno studio complesso e dettagliato di tutti gli aspetti di questo monumento con un’eccellente fotografia e disegno (ph: figg. 1-2 pag. 510 e 511; dr. fig. 7 pag. 538). Dopo aver proposto un’analisi di ricostruzione del monumento (pp. 509-512), discute la teoria della mutilazione dell’iscrizione e della pittura sulla parte frontale della base, dovuta a motivi politici di damnatio memoriae (pp. 512-518). Ricorda che la deturpazione della pittura è stata citata come esempio di damnatio memoriae nell’Atene del VI sec, ma afferma che un certo peso deve aver avuto anche la costruzione del muro di età temistoclea. Secondo la studiosa la mutilazione è dovuta infatti al semplice riutilizzo della pietra. Ricorda che diversi studiosi hanno tentato di riconnettere il defunto alla famiglia dei Pisistratidi o degli Alcmeonidi (giustificando l’interpretazione del danno come damnatio memoriae in seguito all’espulsione da Atene di questi o di quelli). Tuttavia la studiosa non trova evidenze prosopografiche conclusive per riconnettere Neilonides e suo padre con i membri di nessuna delle due famiglie, e ricerca spiegazioni nelle evidenze archeologiche, fra cui, appunto, la ricostruzione delle mura. Nella firma di Endoios, integra un inespresso antecedente ἀνδριάς, come riferimento specifico alla statua che la base di Neilonides originariamente supportava. Seguono paragrafi accurati dedicati a: – la pittura (pp. 518-522); – la figura di Endoios (pp. 523-528), al quale propone di attribuire anche la pittura sulla stele – se così fosse il monumento rappresenterebbe l’unica testimonianza di un lavoro di questo tipo da parte di Endoios; – lo stile e alla datazione del monumento, con confronti ad Andokis (pp. 528- 532, fig. 5 pag. 531); – il motivo dell’uomo seduto nell’arte arcaica dell’Attica (pp. 532-536), sostenendo la teoria per cui una tale iconografia potrebbe essere stata introdotta da Atene da scultori della Grecia Orientale; – la subsidiary rappresentation nei monumenti funerari (pp. 536-541); – il ruolo di Ade come giudice (pp. 541-545), la cui identificazione mira a riconciliare l’iconografia della figura con la funzione funeraria del monumento stesso. Segnala un ritorno all’originale riconnessione della figura come rappresentazione divina, piuttosto che umana. Conclude con una ricca bibliografia, pp. 546-548. |
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C | Bruss 2005; vedi CEG 1. CEG 41 = Bruss 2005, p. 51 n. 64. |
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D | Elmer 2005, pp. 1-39; vedi CEG 13. |
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D | Tueller 2008; vedi CEG 11. |
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D | Tsagalis 2008; vedi CEG 1. CEG 42 = Tsagalis 2008, p. 321. |