Legenda

A. Riferimenti: ad una voce di IG; a voci di SEG; ad altri repertori; link ad IG / PHI (se presenti) o ad altri database online;
B. Contributi documentali (strettamente epigrafici o archeologici);
C. Contributi al testo (filologici, linguistici, metrici, storici);
D. Contributi presenti in voci di catalogo o in monografie; articoli con trattazioni di più voci di CEG.
OS. Open Sources: database o strumenti di indagine accademica online.

 

A SEG 58.30; 58.62; 58.1888; 59.1969; IG I 3 1142; PHI
 
C Bruss 2005; CEG 1 = p. 51 n. 64. Il volume si occupa delle cosiddette presenze nascoste negli epigrammi letterari, con particolare riferimento alla tematica del cadavere assente. Di interesse sono in particolare i capitoli II (pp. 19-37), sul motivo dell’occultamento provocato dalla morte e dalla sepoltura: καλύπτω [ἀμφικαλύπτω], κατέχω [o ἔχω, connesso con γαῖα o κόνις]; κεύθω, κρύπτω; ἐν γαίᾳ, ὑπὸ γῇ, ὑπὸ χθονί, vel sim.; sezioni su σῆμα e μνῆμα, e III (pp. 38-57), sul motivo della strada e del passaggio: ὁδός, ὁδοίπορος, παροδίτης. Alle pp. 195-197, l’indice dei luoghi di interesse per i CEG.
 
D

Tsagalis 2008; CEG 1 = pp. 82, 91. Questa monografia è dedicata agli epigrammi attici, di tipo funerario, datati al IV sec. a.C. Racchiude 162 componimenti desunti dal volume II dei CEG di Hansen. Nell’introduzione riprende un’idea forse troppo pessimistica ma che è ancora presente in alcuni studi e restia a sradicarsi, per cui «the history of the archaic and early classical inscribed epigram is the history of a ‘lesser literature’». Afferma inoltre che il numero delle iscrizioni metriche sale nel corso del V secolo per poi ‘esplodere’ nel IV. Questo dato, benché certo (basti pensare al fatto che tutto il secondo volume dei CEG è dedicato interamente agli epigrammi di IV, mentre il primo tratta gli epigrammi dall’VIII al V sec. a.C), è anche da interpretare: non possiamo sapere con certezza quanto materiale di VIII, VII, VI e V secolo è andato perduto e non possiamo dunque tracciare una curva di produttività con sicurezza. Il fato ci ha restituito una quantità notevole di materiale (non solo funerario ma anche dedicatorio e di vario tipo) di IV sec. a.C., forse anche perché già nel IV secolo molte delle preesistenze erano andate perdute o reimpiegate e perché nel IV secolo la cosiddetta “moda scrittoria” aveva ottenuto una notevole impennata. Tsagalis ripercorre la storia degli studi degli epigrammi funerari, recuperando i contributi di Day 1989, 1994, 2000 e 2007, di Fantuzzi 2002 e Bruss 2005. Afferma correttamente che gli epigrammi di IV sono da intendersi come espressione del cruciale passaggio fra la visione della città-stato e l’individualismo.

Nel primo capitolo esamina perché il sotto-genere delle espressioni gnomiche abbia invaso il genere degli epigrammi, in particolar modo funerari e come le forme siano state incorporate nei testi. Le massime gnomiche sono da intendersi, per Tsagalis, come espressione di una ‘letteratura familiare: «Grave epigrams are, of course, inscribed on stone but interpreting their function and meaning has to take into consideration the entire monument they form part of as well as their oral role. The alleged intermediality of inscriptional epigram that is read aloud by future passers-by is of crucial importance for the formation of a new semantic unity of both object and text», p. 309. Nel secondo capitolo esplora le forme ricorrenti, con particolare attenzione al motivo della «light-metaphor» e delle «chambers of Persephone». Nel terzo capitolo studia la funzione sociale degli epigrammi; riprendendo le parole di Bodel 2001, pp. 98-99, afferma che «convey to the reader a poignant sense of loss of a family member», ma «the desire to evoke memories of the dead [are] heavily concentrated within the nuclear family» e «the stress in the epitaphs is not the representation of the deceased as a member of an agnatic lineage». Nel quarto capitolo sottolinea l’importanza di studiare i testi in quanto iscrizioni.

Molti studiosi hanno formulato recensioni positive a questo lavoro, fra cui V. Garulli «BMCR» 2008.09.18, A. Sens 2010, pp. 325-328; e P. Iversen, cfr. SEG 58.214, 219, 230, e 239. Diversa è la posizione di J. Lougovaya 2009, pp. 144-145, che solleva preoccupazioni riguardo il trattamento di CEG 470, 484, 543, 571, 585, 595/596. Per quanto riguarda CEG 470, per esempio, si tratterebbe in realtà di CEG 16a, inserito nel II volume dei CEG perché scoperto dopo la pubblicazione del v. I, ma da intendersi seguente a CEG 16. A Tsagalis, la Lougovaya riconosce l’importanza di affrontare argomenti di questo tipo, soprattutto nell’ambito della ricerca universitaria ma lamenta alcune scelte forse non del tutto condivisibili. Il corpus di iscrizioni analizzato dalla Tsagalis, infatti, è coerente rispetto a determinati parametri, come detto, di cronologia, funzione e luogo di rinvenimento. È chiaro che analizzare epigrammi funerari di IV sec. a.C. e provenienti dall’Attica ci consente di avere una panoramica complessiva e (forse) esaustiva sulle modalità di comporre epigrammi funerari in Attica nel IV secolo.

Questo però non basta per tracciare uno schema generale della produttività di tutto secolo in generale. Questi dati non sono sufficienti, proprio perché parziali, per tirare le somme. Se è vero che gran parte del materiale proviene dall’Attica, da questo non possiamo dedurre semplicemente che l’Attica fu più produttiva né possiamo trattare la produzione Attica come se fosse modello per tutte le altre. In primo luogo l’epigramma epigrafico, proprio perché iscrizione, come tale si comporta: esso è un unicum: per quanti modelli possano essere tracciati, le caratteristiche interne di stile, lingua, composizione, modalità, saranno sempre varie, perché varia è l’occasione per cui si incide un oggetto di qualsiasi materiale durevole. Anche nell’epigrammatica epigrafica, come nel resto della produzione letteraria, l’Attica ha svolto un ruolo importante, perché l’Attica si è imposta dal punto di vista politico e linguistico e questo è ancora più evidente nelle produzioni dal IV sec. in poi. Anche il discorso sulla conservazione dei materiali non è da sottovalutare: già in epoche molto antiche infatti, manufatti provenienti dall’Attica erano percepiti come “di prestigio” e per questo da “salvaguardare”. In definitiva non dobbiamo cadere nel tranello di estrapolare da dati parziali, seppur coerenti, modelli generali adottabili nella totalità per tutta una tipologia compositiva. A mio avviso, per poter tracciare una panoramica esaustiva delle modalità di composizione degli epigrammi epigrafici di natura funeraria è necessario attingere a tutta la produzione: vale a dire esaminare le composizioni dal VIII al III sec. Non possiamo infatti comprendere fino in fondo quali siano le caratteristiche interne di questi testi e a quali norme rispondono, se non abbiamo ben chiaro nella mente come si comportavano prima e dopo il secolo di nostro interesse. Lo sguardo critico poi va esteso a tutte le regioni di provenienza, per non cadere nella seppur affascinante macchina degli “attico-centrici”. È del tutto da superare, in conclusione, l’idea che esista una “produzione minore/di minor prestigio”, soprattutto se l’idea si basa su confronti fra secoli e/o luoghi geografici.

 
C Kaczko 2009, pp. 90-117; l’articolo presenta un’analisi accurata delle relazioni fra la cultura ellenistica e la tradizione arcaica e classica, concentrandosi soprattutto sugli epigrammi tramandati sia per via epigrafica che letteraria. Dall’analisi condotta emerge che nella fase di passaggio tra la forma epigrafica e quella letteraria, gli epigrammi subirono alcune modifiche, soprattutto verso l’adozione di una serie di “convenzioni standard”. Alcune di queste alterazioni possono essere attribuite a errori banali dei copisti che copiavano nella koinè, altre invece riflettono proprio della nuova moda e del nuovo modo di fare poesia dell’epoca ellenistica. Alle pp. 90-95 riflette sugli aspetti linguistici peculiari degli epigrammi della fase arcaica e classica, sottolineando la predilezione per gli alfabeti epicorici e i dialetti locali. CEG 1: p. 94 n. 12, citato fra gli esempi di epigrammi dove «[a:] occurs alongside Ionic-Attic [ɛ:]».